Non è semplice inquadrare
quest'opera in poche righe, tante sono le analisi a cui l'autore ci mette di
fronte e i suggerimenti che ci offre. L'equitazione di Gustav Le Bon risente
dei grandi scompigli dell'epoca: lo scontro tra la scuola classica e la
rivoluzione baucherista, la questione dell'equilibrio, l'uso del filetto,
l'introduzione del trotto sollevato. Per ampliare i propri studi, l'autore
prende in considerazione le differenti modalità di monta nei diversi paesi:
Germania, Francia, Italia, ma anche sud America, Arabia. Le Bon è uno spirito
curioso che non si accontenta di considerazioni superficiali, ma desidera
approfondire tutti i vari temi in modo esaustivo; con questo scopo analizza
anche i sistemi di insegnamento e le necessità degli allievi, nonché le
mancanze degli istruttori, ponendoci di fronte ad un quadro che potrebbe essere
la fotografia anche del nostro tempo.
Per comprendere il suo approccio
all'equitazione, va ricordato innanzitutto che Le Bon, prima di essere cavaliere
è un medico e uno psicologo e quindi l'aspetto di conservazione della salute
del cavallo gli sta molto a cuore e lo porta ad analizzare in modo preciso i
problemi delle andature e della distribuzione del peso. Per questi motivi entra
con grande precisione nel dibattito che coinvolge quasi tutti i cavalieri
dell'ultimo periodo dell'ottocento: l'equilibrio del cavallo e le sue
conseguenze. Esamina questo sotto tre aspetti: relazione con l'affaticamento e
il logoramento del cavallo, conseguenze psico-fisiche negative, sicurezza del
cavaliere. Si avvertono, leggendo, il dibattito che ha dominato tutta la fine
dell'ottocento, le novità introdotte dal baucherismo e nel contempo le
necessità di un'equitazione civile e militare che richiedono resistenza e sicurezza:
abilità ed estrosità dei movimenti proprie dell'equitazione di Baucher in
contrapposizione alla ricerca di una p all'usura precoce, obiettivo dichiarato
nell'equitazione di Steinbrecht. In particolare, Baucher aveva sostenuto per un
lungo periodo la necessità del rilevamento della testa del cavallo che avrebbe
avuto l'effetto dello spostamento di parte del peso sui posteriori.
Steinbrecht, al contrario, dichiarava che, per rilevare il treno anteriore, era
necessario spingere il cavallo in avanti, sulla mano, concetto condiviso anche
dal Gen. L'Hotte con l'assioma "calmo, in avanti, dritto".
Le Bon, cercando di dare
suggerimenti utili ad una corretta soluzione, aggiunge un elemento di grande
interesse: non è la rilevazione della testa che sposta il peso, ma il
sollevamento del garrese che avverrebbe solo con la spinta in avanti:
"sollevando l'altezza al garrese è stato possibile alleggerire il treno
anteriore di un peso tra i 6 e i 30 kg,secondo i cavalli". Al contrario,
la rilevazione della testa avrebbe come aggravamento del peso sugli anteriori e
l'insellamento del dorso. Esamina, como detto, ogni elemento in modo meticoloso
facendo dei calcoli matematici riguarda sforzo del cavallo in relazione alla
posizione del cavaliere e alla lunghezza delle store Interessante è il calcolo
che fa per il trotto sollevato, scoprendo matematicamente che più sono corte le
staffe maggiore è lo sforzo del cavallo.
Nei confronti di coloro che
sostenevano la necessità di un'equitazione istintiva dove il cavaliere deve seguire
l'equilibrio del cavallo, ha sì la certezza che il cavallo " arrangerà",
ma si chiede se gli atteggiamenti consigliati dall'istinto saranno poi
favorevoli al cavallo e al cavaliere" e la risposta che dà, sostenuta da
calcoli precisi, è negativa: il cavallo si logorerà anzitempo e una monta
basata sull'istinto sottopone il cavaliere a gravi rischi. In caso di un
addestramento affrettato, privo della necessaria tecnica, che sola può
garantire la sicurezza, il cavaliere si trova in costante pericolo; di conseguenza,
afferma, l'alta scuola, intesa come addestramento avanzato del cavallo e del
cavaliere, deve essere l'inizio del percorso equestre, non il punto finale,
perché solo un cavallo ben addestrato offre quelle garanzie di affidabilità
necessarie ad ogni tipo di equitazione, in particolare a quella di campagna.
Questo è un insegnamento di grande buon senso nei confronti di quei di
cavalieri che considerano l'addestramento come un'arte del tutto indipendente
dall'equitazione. "In linea generale si può dire che la durata del cavallo
dipende in gran parte dall'addestramento dell'animale e dall'addestramento del
cavaliere. Lo stesso cavallo che durerà dieci anni nelle mani di un cavaliere
potrebbe essere rovinato in due o tre anni nelle mani di un altro".
Gustav Le Bon, con Marey e
Muybridge, è un fervente sostenitore dell'uso della fotografia nello studio
delle andature, in quanto ritiene che solo con le immagini fotografiche si
possa ottenere un'analisi precisa; il suo vastissimo atlante fotografico supporterà
significativamente le sue considerazioni equestri.
In ogni caso è un cavaliere molto
influenzato dal meccanicismo e dal comportamentismo di Pavlov, anche se molte
considerazioni sul cavallo, sulla sua intelligenza e sulle sue possibilità di
apprendimento lo portano a superare questa impostazione facendogli intuire la
possibilità di altre modalità di relazione con " cavallo. Così,
dall'affermazione che "non è sufficiente stabilire un linguaggio
convenzionate tra il cavaliere e l'animale e poi dominare la volontà di
quest'ultimo per fargli eseguire movimenti richiesti" ne consegue che per
aumentare
la facilità dei movimenti, nonché ridurre la fatica del cavallo e del cavaliere si
debba piazzare l'animale "nel modo che conoscenza della fisiologia delle
andature e dell'equilibrio ci insegna".
Alla luce delle nostre ricerche,
direi che questa è un'opera senza dubbio innovativa per il suo tempo e ricca di
spunti interessanti, meritevole in tal senso di trovare un posto di primo piano
nella biblioteca di un cavaliere intelligente.
Giancarlo Mazzoleni
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