Nella
scelta delle nostre pubblicazioni ci guida, non un asettico anelito
di conoscenza, intesa come necessità di semplice erudizione, ma la
valutazione di alcuni elementi che consideriamo imprescindibili per
offrire ai cavalieri del nostro tempo, riferimenti classici che
propongano tecniche di addestramento rivolte non solo ai risultati,
ma anche e soprattutto al benessere del cavallo. E' evidente che il
rapporto con il benessere molto spesso non è esplicitato
compiutamente, ma è intrinseco alle modalità con cui è affrontata
l'equitazione, l'attenzione al sentimento e alle azioni che effettua
il cavaliere.
In
particolare, in L'Hotte, l'elemento che caratterizza di più questo
aspetto è l'aforisma "calmo, in avanti, dritto", dove
calmo è
elemento psicologico essenziale all'addestramento e quindi rispecchia
immediatamente la contrarietà dell'autore nei confronti di
atteggiamenti violenti e brutali, anche se ovviamente ciò non deve
significare non “agli ordini”.
Per
comprendere quest'opera del generale Alexis François L'Hotte
(1825-1904) è necessario contestualizzare il suo lavoro equestre in
un periodo di grandi cambiamenti politici, sociali e militari, sia in
Francia, sia nell'intero continente, che si sono necessariamente
riflessi nelle istituzioni, nelle dinamiche sociali ed anche, ciò
che in particolare qui ci interessa, nelle tecniche equestri.
Il
generale L'Hotte può essere considerato l'uomo dei concetti
sintetici, come testimonia questo libro, apparentemente semplice, ma
che va letto con molta attenzione, perché ogni parola è calibrata e
soprattutto è ricca di molteplici significati, non sempre di facile
e immediata comprensione. Indubbiamente il nostro autore è cavaliere
eclettico, non solo per la sua duplice derivazione culturale, Baucher
e d'Aure, ma perché risente tanto profondamente del clima dell'epoca
da rischiare a volte di essere contraddittorio.
Dobbiamo
tenere presente che L'Hotte è un militare e che ovviamente vive
tutti quei rapidi cambiamenti che l'esercito subisce nell'evoluzione
della cosiddetta arte militare, cambiamenti che cesseranno solo nella
metà del secolo successivo, dopo la seconda guerra mondiale, quando
la meccanizzazione e la tecnologia soppianteranno definitivamente la
necessità della cavalleria.
Una
prima importante trasformazione era avvenuta durante la Rivoluzione
Francese, quando, per evitare di incorrere nell'inclemenza dei
giacobini, si era diffusa tra i cavalieri la sella inglese in
sostituzione della sella a piquer, sin allora comune ai nobili e
all'esercito. Questo innovativo elemento tecnico aprì nuovi
orizzonti nel modo di montare tra cui, forse il più importante, fu
l'introduzione del trotto sollevato, che venne adottato nella scuola
militare proprio grazie al generale L'Hotte.
Il
trotto sollevato pose questioni importanti all'addestratore: con
quale diagonale trottare, come usare peso e spinta, di quanto ridurre
la lunghezza delle staffe.
L'adozione
del trotto sollevato, sin allora bandito dall'esercito, dimostra
l'apertura mentale di L'Hotte che seppe superare l'atteggiamento
dogmatico del suo tempo, e che nel testo affronta alcuni clementi del
trotto sollevato analizzandolo in rapporto alla relazione tra
cavaliere e cavallo. Per evidente insufficienza di mezzi tecnici
allora a disposizione, la valutazione dei tempi di sospensione e di
seduta non rispecchia la realtà del movimento, che si è potuta
evidenziare solo con il ricorso ai filmati, ma sono comunque di
grande interesse l'attento studio e le riflessioni che L'Hotte ci
propone.
Senza
dubbio però la maggior attenzione è da porre al contrasto che vide
affrontarsi i seguaci del Conte D'Aure e quelli di François Baucher.
Oggi potremmo dire contrasto tra due integralismi. Questi due maestri
non rappresentavano solo l'antitesi tra nobiltà e borghesia,
particolarmente sentita nel XIX secolo in Francia, ma rappresentavano
soprattutto il contrasto nell'interpretazione dell'equitazione: il
classicismo rapportato all'equitazione di campagna, potremmo dire ad
un'equitazione più confacente alle necessità belliche, per il primo
e l'interpretazione rivoluzionaria di Baucher che sovvertiva la
scuola classica proponendo un addestramento che troverà poi il
riconoscimento scientifico nelle teorie comportamentiste di Pavlov.
Alexis
L'Hotte fu allievo di entrambi questi maestri, ne colse i differenti
presupposti e le diverse impostazioni e stimò entrambi, anche se per
un certo periodo fu attratto dalle tecniche di Baucher, che
considerava uno dei più grandi cavalieri dell'epoca. Si ritrovano
chiari i riferimenti al baucherismo quando affronta il problema del
ramener, che considera prioritario rispetto alla riunione, o
nell'atteggiamento controverso che presenta nell'analisi delle
"resistenze del cavallo".
Dal
conte D'Aure, coglie gli insegnamenti che considera di maggior
utilità per l'addestramento del cavallo, schierandosi per
l'equitazione sapiente a scapito di quella spettacolare. Concrete e
chiare le sue riflessioni sulla differenza tra l'equitazione
circense, troppo spesso spacciata per alta scuola, ed equitazione
sapiente. Questo è il periodo delle classificazioni, una appunto la
fa L'Hotte, l'altra la fa Steinbrecht. E' del tutto evidente in
questi tentativi di catalogazione la necessità di mettere ordine in
un'equitazione che non risponde più ai soli canoni militari, ma che,
nel diffondersi tra i civili ed i borghesi, spesso produce confusione
terminologica e di conseguenza anche confusione tecnica e di
obbiettivi.
Nel
1870, la sconfitta della cavalleria francese nella guerra
Franco-Prussiana indusse la Francia ad inviare L’Hotte in Austria e
in Germania per studiare le tecniche dei cavalieri teutonici, a quel
tempo, considerate le più avanzate d'Europa. In questo viaggio,
raccontato nelle ultime pagine di questo libro, riferisce
superficialmente gli incontri con i nobili tedeschi responsabili
delle varie scuole dell'impero, senza per altro entrare in
particolari tecnici, e descrivendo solo elementi di carattere
logistico, ma senza dubbio osservò molto e certamente in questo suo
viaggio arrivò a contatto con la scuola di Paul Plinzner, allora
responsabile dell'addestramento dei cavalli del Kaiser Guglielmo I e
allievo del maggior fautore dell'equitazione di servizio, Gustav
Steinbrecht. Gli incontri fatti hanno senza dubbio influenzato
L'Hotte che, ritornando a quanto detto all'inizio, sigla con il motto
"calmo, in avanti, dritto" la sintesi del proprio pensiero.
Calmo
ovvero ricerca della disponibilità del cavallo come
elemento prioritario dell'addestramento. In avanti, secondo
gli insegnamenti del conte D'Aure, grande fautore della necessità di
spingere il cavallo in avanti, ed infine dritto, indice della
volontà di superare il piego, peculiarità della scuola classica
francese, che, come sostiene l'autore, limita lo sviluppo
dell'impulso. Il periodo passato in Germania conferma le supposizioni
del generale L'Hotte, soprattutto per quell'”in avanti” che è il
fondamento delle teorie di Steinbrecht. In tal modo si allontana
dalle idee di Baucher di cui, però, rimarrà amico fedele sino alla
morte del maestro.
Un
aspetto che fa riferimento al meccanicismo allora imperante, è la
sua analisi dell'influenza del peso, su cui in molti in quel periodo
riflettono, ovvero: di quanto la rilevazione della testa del cavallo
possa modificare la distribuzione del peso tra treno anteriore e
posteriore. Il Generale, affrontandola, contraddice quanto aveva
affermato nelle pagine precedenti circa baricentro e impossibilità
di applicare calcoli matematici ad un animalc in movimento. Ancor
oggi qualche epigone baucherista, tenta di riproporre la stessa
attenta valutazione cercando di calcolare matematicamente quanto il
peso del cavaliere possa influire sulla distribuzione dei pesi e come
questa si modifichi con il rilevamento della testa del cavallo. E' lo
stesso L'Hotte che nega validità a questi calcoli matematici e, con
un'intuizione preconizzatrice, richiama l'attenzione sulla diversità
che vi è tra fisica dei solidi e cinesiologia, ovvero scienza del
moto di un corpo vivente. Starebbe appunto nel continuo spostamento
del baricentro del cavallo la vanificazione di qualsiasi studio
basato sull'analisi della distribuzione statica e non dinamica dei
pesi.
Queste
modeste incongruenze sono l'ovvio risultato di un'opera che si basa
su annotazioni personali, frutto dell'osservazione del lavoro
quotidiano e che quindi non vuol essere un compendio organico, ma un
quadro di riflessioni sull'equitazione, sintesi di elaborazione
legata ai diversi momenti e alle diverse scuole di riferimento. In
ciò sta la positività dell'eclettismo, ma anche il suo limite
laddove, se non va a definire una sintesi compiuta, può restare
semplice accoglienza di pensieri differenti.
Giancarlo Mazzoleni
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