Pubblicare
un nuovo libro sull'equitazione, foss'anche il più piccolo, il più modesto
opuscolo, agli uomini assennati sembrerà
senza dubbio un'impresa tanto audace quanto inutile. I vecchi princìpi sono i
migliori, diranno; dopo tutto quanto è stato scritto su quest'arte, dopo tutto
quanto è stato approvato, respinto o conservato, a che cosa possono giovare
delle nuove teorie?
Altri pensano che la dimestichezza
con il cavallo sia sufficiente per formare un cavaliere.
A queste due obiezioni risponderò:
passata la prima infanzia, ho visto molto, molto ho studiato e molto ho
lavorato. Nella carriera che ho perseguito, nel centro dove ho vissuto, le
osservazioni, i paragoni che ho dovuto fare, mi hanno messo in grado di esporre
in poche pagine il risultato di lunghi anni di esperienza, sostenuti da una
pratica incessante.
Lo scopo di questo piccolo libro
non è quello di aggiungere un'ulteriore pagina ai progressi della scienza
equestre, già troppo è stato scritto a questo proposito, la mia sola ambizione
è quella di divulgare un esercizio piacevole, utile, salutare, adatto a tutti e
che la situazione attuale, il sistema e l'esigenza di tutte le classi sociali
reclamano.
Non è dunque agli uomini che sono
già sufficientemente esperti nell'equitazione, tanto da meritare il titolo di
Cavallerizzi, che sarà indirizzato questo metodo, ma a tutti coloro il cui
unico desiderio è quello di diventare dei cavalieri sufficientemente abili da
poter affrontare altrettanto bene le eventualità dello sport e della così come
quelle della semplice passeggiata.
Gli antichi princìpi, almeno quelli che sono giunti fino a noi
all'esempio, alla pratica ed alla trasmissione orale, sono senza dubbio i
migliori, e mi ci atterrei se le opere scritte non peccassero di chiarezza
nell'applicazione dei dettagli, che sono la base fondamentale dell'equitazione.
Si è fatta sempre molta, troppa
metafisica equestre, ci si è occupati troppo di una scienza il cui scopo è solo
quello di ottenere delle andature artificiali, indispensabili alle arie
complicate dell'alta scuola, e troppo si è trascurato l'arte di utilizzare le
semplici andature che il cavallo riceve in dote dalla natura.
Qui mi occuperò solamente di
questa arte, lasciando perdere una scienza il cui studio potrà dare profitto
solo dopo aver acquisito le conoscenze preliminari indispensabili, e comunque
sufficientemente estese, che si attingeranno da questo piccolo libro.
Esso ha anche lo scopo di levare
una protesta contro un grave errore, e cioè: che la dimestichezza con il
cavallo sia sufficiente per formare un cavaliere. Essa non formerà mai un
cavaliere completo se ciò che costituisce i primi principi dell'equitazione non
gli sarà chiaramente insegnato, se egli ignora le leggi dell'equilibrio
naturale, della posizione e della locomozione che regolano le andature del
dall'intelligenza. cavallo, se solo il fisico del cavaliere agisce, senza
essere guidato
Quest'intelligenza deve essere
illuminata, essa soltanto può dare agli aiuti il grado di delicatezza o di
forza necessario ad una buona esecuzione, poiché ci sono due uomini nel
cavaliere: l'uomo fisico e l'uomo spirituale, la parte meccanica e la parte
intelligente.
Lo scopo di questo piccolo libro,
illuminando l'intelligenza e mettendo il fisico in grado di agire senza errori
e senza indecisioni, e quello di formare dei veri cavalieri, degli uomini di
cavalli in tutta l'accezione del termine.
Al lavoro complicato dell'alta
scuola ci si può avvicinare arrivati a questo punto, e tale lavoro comporta
tutta la materia di volume a sé stante.
Dall'accoglienza che il pubblico
si degnerà di dare a questa prima parte di quella che vuole essere un'opera in
progressione, dipenderà la pubblicazione della seconda. Possa l'indulgenza che
io chiedo per IL CAVALIERE, incoraggiarmi a farla seguire da L'ECUYER, poichè
tale è il titolo che io riservo all'ultima parte di questa pubblicazione
sull’arte equestre.
Giancarlo Mazzoleni
|