Perché Fillis? Il primo motivo è,
come abbiamo già detto per altri autori, la difesa della libertà;
pur non condividendo, in parte o in toto, la filosofia o i metodi di
tutti i maestri che abbiamo tradotto, combatteremo perché si possano
esprimere liberamente. Indicheremo il motivo della nostra
disapprovazione, ma starà al lettore fare la scelta, e questa potrà
essere tanto più consapevole quanto più sarà radicata su
conoscenze e cultura.
Il secondo motivo è per la grande
esperienza che questo cavaliere ci comunica; si racconta che abbia
montato quarantanovemila cavalli, sarà pure una diceria eccessiva,
ma è certo che sia stato uno dei cavalieri più attivi
nell’addestramento e ciò può rendere conto della facilità con
cui ammaestrava i propri cavalli.
Fillis è da includere nella scuola di
Baucher, anche se quasi in ogni pagina del suo libro ricorrono
critiche all’operato del caposcuola, non solo idealmente, ma
soprattutto costantemente supportate da dimostrazioni pratiche. Un
primo attrito si manifesta quando precisa di aver sempre praticate in
pubblico e insegnate le arie che lui stesso ha inventato, cosa che
invece, a suo dire, non faceva Baucher. Effettivamente Fillis ha
inventato o comunque insegnato ed eseguito quasi tutte le arie, di
cui orgogliosamente Baucher affermava di essere l’ideatore; e a
questo proposito il nostro autore punzecchia il maestro dicendo che
non è sufficiente scriverne, ma le si devono realmente praticare.
Il lettore si può rendere conto subito
e facilmente di ciò che intendiamo quando poniamo la differenza tra
ammaestramento e comportamentismo, perché Fillis, senza alcuna
reticenza, del primo ne insegna tutti gli accorgimenti. In ciò
questo libro è una vera fonte di conoscenza. Se, a parole, considera
il cavallo come essere senziente, seppur privo di intelligenza e
fornito solo di memoria, nella pratica lo tratta come una macchina,
con alcune contraddizioni: insegna al cavallo i vari movimenti, ma se
l’animale li acquisisce e li applica spontaneamente, incita i
cavalieri a proibire queste libertà. Il meccanicismo di questo
maestro è molto lineare, i passi dell’ammaestramento si susseguono
con consequenzialità rigorosa. Non possono essere richiesti a caso.
Chi, oggi, si vuol spacciare come seguace di Baucher o di Fillis, non
può esimersi dal praticare il pacchetto tutto intero e limitarsi ad
adottarne esclusivamente la tenuta di redini e poche altre manovre,
praticando per altro un’equitazione elementare. Su questa via, o si
dimostrano le arie del maestro o si sfrutta semplicemente la
larghissima ignoranza del pubblico, truffandolo.
Il suo utilizzo delle redini, non si
limita alla semplice differenza nel modo di tenere il morso e il
filetto, ben noto a tutti i suoi seguaci, ma a volte utilizza tre
redini in una mano ed una sola nell’altra o tutte quattro nella
stessa mano. Le mani, così come gli speroni sono il suo marchio
di fabbrica; è proprio ciò che lo rende chiaramente
meccanicista. E’ chiaro, però, che gli epigoni suoi o di Baucher
dei tempi nostri non hanno neppur ricalcato vagamente le orme di
questi maestri, ma si risolvono ad utilizzare le redini alla
Fillis e con queste storpiare l’equitazione corrente di base.
Concludendo, non nego le qualità di
questo Maestro, che ha lasciato certamente un segno nella storia
dell’equitazione, ma non ne condivido l’essenza, l’uso del
cavallo, la mancanza di ricerca dell’armonia. Anche se sottolinea
che i suoi cavalli prima di essere avviati all’alta scuola, e
soprattutto poi alle arie più stavaganti, è necessario che siano
ben formati e sviluppati nel fisico in modo da poter reggerne gli
sforzi.
E’ proprio su questo una delle mie
critiche più importanti: l’equitazione circense sviluppa il fisico
del cavallo per praticare arie innaturali, forzate, e a volte tanto
eccessive da mettere in pericolo la sua salute. L’equitazione
classica, che tentiamo di praticare e diffondere, sviluppa il fisico
del cavallo, la sua psiche, ne riconosce l’intelligenza e lo rende
sapiente, semplicemente migliorandone le qualità naturali, la
disponibilità psichica, la tenuta fisica, nulla di appariscente,
nulla da mostrare al pubblico, ma semplicemente l’armonia
tra due esseri che collaborano senza altri fini se non il benessere
psico-fisico di entrambi.
Giancarlo Mazzoleni
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