Questo
testo porta la firma di Faverot de Kerbrech, in realtà il vero
autore della prima parte è F. Baucher, suo maestro. Si tratta
infatti della stesura dei numerosi appunti che De Kerbrech ha
raccolto nel corso delle lezioni che Baucher impartiva ai propri
allievi dopo aver messo a punto quello che egli definiva il nuovo
metodo,
ritenendo il precedente, che egli stesso aveva pubblicato, un metodo
troppo difficile per i cavalieri comuni. Il barone de Kerbrech,
sollecitato anche da numerosi amici, fece pubblicare gli appunti
dando loro una forma parzialmente organica e comunque presupponendo
nel lettore la conoscenza della tecnica e del pensiero baucherista.
La
seconda parte, dedicata all’equitazione di campagna, testimonia il
pensiero di Faverot de Kerbrech, il quale, discepolo coerente,
ripercorre le tesi del maestro sintetizzandole ed escludendo le parti
dedicate all’equitazione più sapiente.
Nella
lettura dell’opera, dobbiamo tener presente che essa si inserisce
all’interno di un dibattito molto acceso che in quegli anni
coinvolgeva il mondo equestre e di cui noi oggi registriamo solo gli
aspetti più superficiali. Si confrontavano due mondi differenti ed
opposti, l’aristocrazia e la borghesia, e l’equitazione, da
sempre appannaggio della nobiltà, diventava il sogno revanscista del
borghese, questa condizione giustifica l’animosità dello scontro
tra i seguaci di Baucher e quelli del conte D’Aure, suo grande
avversario, ed anche la durezza dei giudizi che a volte Baucher
esterna nei confronti di tecniche sin allora praticate.
Un
gruppo di nostri soci ha tradotto lo scritto di Faverot-Baucher e ci
ha sollecitati a pubblicarlo. Lo pubblichiamo con qualche remora per
gli effetti che esso può avere sulla popolazione equestre del nostro
paese, generalmente sprovvista di basi culturali e perciò
sprovveduta. Questo testo è rivolto a cavalieri con solide basi
tecniche e con ampia e provata esperienza. Ne è conferma il fatto
che mai Baucher accettò come allievi dei principianti o cavalieri di
poca esperienza: i suoi allievi furono cavalieri competenti, in grado
di mettere correttamente in pratica i suoi insegnamenti, proprio
perché questi insegnamenti, se mal interpretati, possono essere
dannosi.
E’
assai probabile che alcuni possano ritenere le nostre perplessità
come una sorta di censura nei confronti di un grande maestro, ma
d’altra parte noi, che ci siamo assunti il compito di diffondere la
cultura equestre, non possiamo certo porre barriere o confini, in
quanto crediamo che la cultura sia elemento essenziale di crescita
etica collettiva. Se ne abbiamo deciso la pubblicazione è anche
perché siamo convinti che i nostri soci, e tutti coloro che
leggeranno questo libro, se vorranno tentare di mettere in pratica
alcuni degli esercizi qui presentati, lo faranno sempre nel massimo
rispetto del benessere psicofisico del cavallo e solo dopo aver
raggiunto una consolidata perizia. Si deve tener conto che
molti di questi esercizi sono esasperati per la necessità che
il maestro francese aveva di proporre, nei suoi spettacoli circensi,
effetti spettacolari per un pubblico particolarmente attento e
critico.
Da
questo testo si può comprendere con grande chiarezza perché
l’equitazione è arte e in particolare arte mutevole, inserita
profondamente nel contesto storico. Il cavallo è la “tela” su
cui il cavaliere abile esprime la propria arte, modificandola di
volta in volta per ottenere eleganza, movimento, resistenza,
velocità, spettacolarità, secondo il proprio spirito ”artistico”.
Baucher interpretava il cavallo con una profonda aderenza alle teorie
meccaniciste che stavano ottenendo grande successo nella seconda metà
dell’Ottocento e le applicava finalizzandole allo spettacolo.
Approccio molto differente da quello di altri grandi maestri del
passato, come ad esempio De La Guérinière o Dupaty de Clam, che
consideravano il cavallo come un insieme complesso, più vicino ad
uno strumento musicale che a una macchina, con il fine della
preparazione del cavallo per la guerra dove la spettacolarità era
solo un derivato, non lo scopo.
Non
vi è dubbio che Baucher rappresenti un evento rivoluzionario
rispetto al passato e a tutta la scuola classica, che d’altra parte
disprezza. Rivoluziona la semantica equestre, rivoluziona l’uso
degli aiuti, disprezza la spalla in dentro, che chiama passi
laterali,
e gli esercizi su due piste, a cui fa cenno pur affermandone
l’inutilità, dà un nuovo significato al termine riunione, nega la
flessione del costato e disdegna l’uso degli aiuti diagonali.
Certo non è uomo di mezze misure con gli avversari, con i metodi e
con gli stessi cavalli, che esige sempre totalmente dominati.
Tutto
l’impianto tecnico del metodo espresso in questo testo si basa
sulle flessioni del collo, della testa, della nuca, sul rilassamento
della ganascia, sull’uso dei polpacci, degli speroni e del
frustino, nullo è l’interesse per l’assetto del cavaliere e per
la dinamica, per l’impulso e per il movimento del cavallo che, nei
suoi scritti, assume solo il ruolo di differente andatura in cui
riproporre i medesimi esercizi effettuati a terra con il cavallo non
ancora sellato. Con questi mezzi il maestro costruisce un linguaggio
con cui intervenire sul cavallo per ottenere movimenti più o meno
complessi e appariscenti. In tal modo annulla il concetto di
esercizio quale elemento utile allo sviluppo della muscolatura per
ottenere il e i movimenti, in una progressione in cui la dinamica
motoria sia il centro dell’arte, concetto dominante fin dai tempi
di Robichon De la Guérinière, e lo sostituisce con l’idea
di movimento finalizzato al dominio dell’animale, attraverso azioni
della mano e delle gambe, dove la dinamica si interrompe ogni qual
volta il cavallo non risponda ubbidiente alla sua idea di
leggerezza.
Baucher
è uomo di spettacolo di grande livello tecnico ed è ovvio che
susciti attorno a sé un’ampia simpatia, Faverot de Kerbrech
diviene l’artefice del riconoscimento del mito, ma, tra la dovizia
di indicazioni tecniche, non possiamo negare che si celino degli
elementi che, pur esitando in una grande spettacolarità di
movimento, non sono propriamente rispettosi della salute del cavallo.
Certo è che in tutto il testo non vi è alcuna parola sull’integrità
fisica e sul benessere del cavallo, che vengono invece molto spesso
ricordati nei testi classici.
In
particolare uno degli esercizi, e forse il meno rispettoso, è stato
riscoperto dal dressage agonistico, che ha tentato di spacciarlo come
una novità mascherandolo con un termine moderno: rollkur.
Mi
riferisco al “ramener
outré”,
iperflessione della nuca, pratica che, quanto più si afferma, tanto
più dimostra la propria pericolosità, distruggendo le andature di
molti splendidi e costosi cavalli che, dopo l’ambio, sviluppano
progressivamente altre alterazioni deambulatorie sino all’apparire
della sindrome di Wobbler acquisita, patologia neurologica grave
dovuta alla compressione del midollo a livello della terza vertebra
cervicale per l’eccesso di flessione che questa “tecnica”
richiede.
Contro
l’applicazione di questa tecnica, la nostra Associazione, in
collaborazione con associazioni, giudici e veterinari stranieri, si è
attivata e si sta battendo perché essa venga bandita dalla
Federazione Internazionale, nel frattempo confida sopratutto
nell’intelligenza dei cavalieri.
Giancarlo
Mazzoleni
|