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Equitazione Sentimentale

 

La sindrome di Wobbler

 Dopo più di cinquant’anni di equitazione, per la prima volta ho incontrato la sindrome di Wobbler. È accaduto circa un anno fa, in occasione di un corso che dovevo tenere a Pisa. Il primo giorno, prima della lezione, una giovane signora mi si avvicinò abbastanza dispiaciuta dicendo che non poteva partecipare perché la sua cavalla, acquistata da poco tempo, era stata visitata dal veterinario ed era affetta dalla Sindrome di Wobbler. Confessai immediatamente la mia ignoranza ed un osteopata, lì presente, mi spiegò che si trattava di una sindrome caratterizzata da grave alterazione della deambulazione, in pratica una forma di atassia.

Il mio spirito professionale fu subito incuriosito, so bene cos'è una forma atassica in un paziente a due gambe, ma non avevo mai visto un’atassia in un quadrupede e quindi chiesi se fosse possibile veder muovere la cavalla. La signora condusse nel rettangolo la cavalla, bardata di testiera e corda. La cavalla iniziò a girare a mano destra ed effettivamente mostrava un certo ritardo nell’appoggio del posteriore destro, una volta cambiata mano era visibile un ritardo anche, e maggiore, del piede posteriore sinistro. In tutta sincerità dissi che di cavalli con simile difetto motorio ne avevo visti molti e, per quanto mi avevano insegnato vecchi uomini di cavallo, la condizione era dovuta semplicemente a quella che in gergo degli addestratori si chiama “zoppia di bocca”, cioè una forma di alterazione motoria a carico dei posteriori, dovuta al modo di utilizzare le mani da parte del cavaliere. Sorse una piccola discussione che finì con una scommessa: visto che la sindrome di Wobbler in pratica non è risolvibile, tanto meno in breve tempo, convenimmo che, se il giorno successivo, dopo averla girata alla corda, la cavalla si fosse mossa regolarmente, l’osteopata mi avrebbe pagato da bere. Così accadde. Dopo venti minuti di lavoro alla corda il venerdì pomeriggio la cavalla già si muoveva con maggior scioltezza ed il giorno successivo aveva un’andatura del tutto regolare. Da quel giorno, in poco meno di un anno, mi sono già imbattuto in ben tre casi di diagnosi di sindrome di Wobbler.

Ho sentito così la necessità di studiare il problema ed alla fine ho tratto le seguenti conclusioni. Da qualche tempo la sindrome di Wobbler è diventata di moda per diversi motivi, il primo è che essendo un complesso di sintomi non del tutto definiti e che hanno come elemento caratteristico un’alterazione della deambulazione permette di ascriverle qualsiasi tipo di zoppia rendendo più pomposo il verdetto, il secondo perché le zoppie spesso sono molto difficili da riconoscere soprattutto quando non derivano da un trauma ben individuabile e quindi questa “novità” consente una diagnosi di “ampio respiro”, il terzo e più grave è la diffusione di pratiche equestri condannate storicamente da tutti gli addestratori ed attualmente venute in auge con un nome accattivante e moderno: Rollkur.

Prima di vedere le cause della sua attuale diffusione cerchiamo di capire cosa è veramente questa patologia. Per sindrome di Wobbler vengono definite due condizioni patologiche. La prima è una forma che si manifesta nei puledri entro i primi trentasei mesi di vita e mostra gravi alterazioni deambulatorie di tipo atassico, causate ad un'alterazione anatomica congenita delle prime vertebre cervicali che determina una compressione del midollo spinale. Questo tipo di patologia non è per il momento risolvibile e quindi il puledro non ha futuro.

 La seconda condizione è invece una forma acquisita, legata ad un'alterazione della disposizione della 3°o 4° vertebra cervicale ed è da riferire o ad una causa traumatica acuta o ad una condizione traumatica cronica. Un trauma acuto, per esempio una brutta caduta, spostando le vertebre cervicali determina una lussazione di una o più vertebre che comprimendo il canale neurale genera l’alterazione della deambulazione. La condizione traumatica cronica è invece dovuta ad una costante scorretta malposizione del collo del cavallo che determina gli stessi effetti della situazione precedente, ma per una sofferenza del midollo causata dalla continua compressione per la posizione anomala.

A questo punto ho fatto una serie di riflessioni che mi sembra interessante esporre.

Chi ha letto i libri dei maestri dal Cinquecento avrà notato che le andature del cavallo descritte sono in numero maggiore di quelle che attualmente prendiamo in considerazione: differenti tipi di passo, varie modalità di trotto e diverse varietà di galoppo. I più vecchi fra i maestri si sono limitati solo a descriverle, mentre altri, tra cui de La Guérinière, le hanno classificate distinguendo tra andature naturali, ovvero quelle che il cavallo presenta in natura, ed andature difettose"da condannare", come il trapasso, il traino e l’ambio, perché causa di una riduzione della vita d’uso del cavallo che le mostrava. A quei tempi il pensiero dominante era che tutti gli animali fossero esseri “senz’anima” al servizio dell’uomo, per cui questa condanna era prodotta solo da un mero calcolo utilitaristico: il cavallo costava molto, sia nell’acquisto, sia per l’addestramento e quindi doveva rendere adeguatamente nel tempo. Un cavallo con andatura difettosa altera la propria mobilità e stabilità e presenta una riduzione della vita d’uso, costringendo il proprietario a sostituirlo anzi tempo. Ciò che in particolare mi interessa puntualizzare è che l’insorgere delle andature difettose veniva da tutti chiaramente attribuito ad un addestramento mal eseguito o alla scarsa abilità del cavaliere. Al contrario il cavallo che presentava andature corrette, regolari e particolarmente belle, giustamente non era considerato solo il semplice frutto di una selezione allevatoriale, ma soprattutto il risultato delle capacità di un cavaliere abile che aveva saputo conservare le andature naturali riuscendo a renderle più eleganti, più energiche, più solide.

 Per molti anni della mia vita mi sono dedicato al recupero di cavalli che potrei tutti classificare come affetti da questa sindrome. Le gravi alterazioni motorie da cui erano colpiti li avevano resi inutilizzabili e destinati alla macellazione. Nei libri che avevo letto però, i vecchi maestri sostenevano che quasi tutti cavalli che presentavano alterazioni motorie potevano essere recuperati con un lavoro effettuato correttamente e ciò mi aveva convinto a sottrarli al loro imminente destino Un chiropratico mi aiutò nel loro recupero continuando ad affermare che lui poteva solo fare un intervento palliativo e momentaneo e che stava poi a me trovare il modo corretto per rimettere in ordine le masse muscolari utili allo sviluppo di una mobilità corretta.

 Penso che gli scritti dei vecchi maestri ci diano la giusta chiave di lettura: l’incappucciamento e la cosiddetta “rottura alla terza o alla quarta” sono causa dell'ambio e di molte altre alterazioni motorie, le due cose sono cioè in stretta correlazione. Vorrei dire anche di più: le due condizioni, incappucciamento e alterazioni motorie, sono in relazione anche al di là e al di fuori di una vera compressione del canale neurale, perché come insegna tutta la nuova fisiatria da Mezier a Feldenkrais passando per l’antiginnastica e gli studi della dottoressa Bertelè, la corretta mobilità è il frutto dello sviluppo armonico dell’intero sistema muscolare così come i difetti motori e i dolori conseguenti sono invece il prodotto di alterazioni della medesima armonia. La posizione del collo e della testa nell’uomo come nel cavallo ha un’importanza assoluta nel mantenimento di questa armonia e proprio per questo motivo, evidentemente rilevato empiricamente, la posizione della testa è stata oggetto di molte riflessioni nella storia dell’equitazione e gli atteggiamenti sopra ricordati sono stati condannati da tutti i vecchi Maestri.

Un uso eccessivo degli aiuti di mano, soprattutto nell’utilizzo improprio del morso e filetto o delle redini di ritorno, portano a modificare quasi sempre in modo continuativo la posizione naturale del collo (incappucciamento) e di conseguenza la posizione delle vertebre cervicali (“rottura alla terza o alla quarta”).Foto  

Questa scorretta posizione del collo determina nel cavallo numerose conseguenze e di esse soprattutto due ci interessano specificatamente: la prima, nei casi più gravi, è la già ricordata compressione del midollo, con i suoi nefasti effetti neurologici, la seconda, non meno grave, consiste in un'eccessiva antiversione del bacino del cavallo a cui si accompagna per necessità una modificazione nella mobilità dell’articolazione coxo-femorale che col tempo produce anch’essa una irregolarità motoria, spesso considerata come zoppia. Consideriamo ora cosa spinge i cavalieri ad incappucciare i cavalli. Per prima cosa i neofiti spesso sono sollecitati all’uso delle redini di ritorno per fretta o per ignoranza di soluzioni tecniche appropriate da parte dell’istruttore. Questi strumenti che dovrebbero essere correttivi ed usati esclusivamente da mani molto esperte, diventano la sicurezza del neocavaliere che li utilizza sempre in modo improprio costringendo il cavallo ad incappucciarsi ed ottenendo da ciò una falsa sensazione di sicurezza: Da questo vicolo cieco il cavaliere  non uscirà che con grandi difficoltà e sacrifici. La seconda cosa è l’ignoranza delle più elementari regole dell’equitazione, non dico dell’equitare con capacità, ma semplicemente dello stare sopra un cavallo senza procurare danni a sé ed al cavallo. La terza e più recente è la totale ignoranza della tradizione di scuola tale per cui si tenta di spacciare come moderna una tecnica descritta nel capitolo del ramener esagerato o iperflessione, da Faverot De Kerbrech su appunti delle lezioni di François Baucher nel suo libro Addestramento metodico del cavallo da sella”. Cosa ha di particolare questa tecnica che può sollecitare gli agonisti: la costrizione continua in un incappucciamento eccessivo, alterando la normale deambulazione, sviluppa nel cavallo masse muscolari anomale, che una volta riportata la testa nella posizione normale, permettono trotti di grande spettacolarità. Purtroppo nella maggior parte dei soggetti, questa tortura, perché non si può nominare in altro modo questa “tecnica”, produce in poco tempo la Sindrome di Wobbler acquisita. Solo pochi cavalli resistono a questo trattamento per tempi prolungati, per questo già nell’ottocento, ovvero in tempi non sospetti, venne condannata da tutti i cavalieri, anche dai cavalieri circensi. Bisogna ricordare che spesso questi cavalli non subiscono soltanto un’alterazione deambulatoria, ma col tempo sono soggetti a continui tremori e a continue contrazioni tonico-cloniche dei gruppi muscolari interessati, che li affliggono in ogni momento di riposo. Ho visto un solo cavallo in queste condizioni e spero di non doverne vedere mai più, tanta era la sofferenza di quel povero animale. Non ci può essere nessun motivo, sportivo, agonistico, spettacolare che possa giustificare un simile strazio solo l’ignoranza che in ogni caso non è giustificabile.  Sono assolutamente d’accordo col veterinario della FEI dott.Gerd Heuschmann che descrive ampiamente tutti i danni di questa nuova moda nel suo libro ” Finger in der Wunger“ (Il dito nella piaga), questa tecnica deve essere messa al bando.

La sindrome di Wobbler

 

Dopo più di cinquant’anni di equitazione, per la prima volta ho incontrato la sindrome di Wobbler. È accaduto circa un anno fa, in occasione di un corso che dovevo tenere a Pisa. Il primo giorno, prima della lezione, una giovane signora mi si avvicinò abbastanza dispiaciuta dicendo che non poteva partecipare perché la sua cavalla, acquistata da poco tempo, era stata visitata dal veterinario ed era affetta dalla Sindrome di Wobbler. Confessai immediatamente la mia ignoranza ed un osteopata, lì presente, mi spiegò che si trattava di una sindrome caratterizzata da grave alterazione della deambulazione, in pratica una forma di atassia.

Il mio spirito professionale fu subito incuriosito, so bene cos'è una forma atassica in un paziente a due gambe, ma non avevo mai visto un’atassia in un quadrupede e quindi chiesi se fosse possibile veder muovere la cavalla. La signora condusse nel rettangolo la cavalla, bardata di testiera e corda. La cavalla iniziò a girare a mano destra ed effettivamente mostrava un certo ritardo nell’appoggio del posteriore destro, una volta cambiata mano era visibile un ritardo anche, e maggiore, del piede posteriore sinistro. In tutta sincerità dissi che di cavalli con simile difetto motorio ne avevo visti molti e, per quanto mi avevano insegnato vecchi uomini di cavallo, la condizione era dovuta semplicemente a quella che in gergo degli addestratori si chiama “zoppia di bocca”, cioè una forma di alterazione motoria a carico dei posteriori, dovuta al modo di utilizzare le mani da parte del cavaliere. Sorse una piccola discussione che finì con una scommessa: visto che la sindrome di Wobbler in pratica non è risolvibile, tanto meno in breve tempo, convenimmo che, se il giorno successivo, dopo averla girata alla corda, la cavalla si fosse mossa regolarmente, l’osteopata mi avrebbe pagato da bere. Così accadde. Dopo venti minuti di lavoro alla corda il venerdì pomeriggio la cavalla già si muoveva con maggior scioltezza ed il giorno successivo aveva un’andatura del tutto regolare. Da quel giorno, in poco meno di un anno, mi sono già imbattuto in ben tre casi di diagnosi di sindrome di Wobbler.

Ho sentito così la necessità di studiare il problema ed alla fine ho tratto le seguenti conclusioni. Da qualche tempo la sindrome di Wobbler è diventata di moda per diversi motivi, il primo è che essendo un complesso di sintomi non del tutto definiti e che hanno come elemento caratteristico un’alterazione della deambulazione permette di ascriverle qualsiasi tipo di zoppia rendendo più pomposo il verdetto, il secondo perché le zoppie spesso sono molto difficili da riconoscere soprattutto quando non derivano da un trauma ben individuabile e quindi questa “novità” consente una diagnosi di “ampio respiro”, il terzo e più grave è la diffusione di pratiche equestri condannate storicamente da tutti gli addestratori ed attualmente venute in auge con un nome accattivante e moderno: Rollkur.

Prima di vedere le cause della sua attuale diffusione cerchiamo di capire cosa è veramente questa patologia. Per sindrome di Wobbler vengono definite due condizioni patologiche. La prima è una forma che si manifesta nei puledri entro i primi trentasei mesi di vita e mostra gravi alterazioni deambulatorie di tipo atassico, causate ad un'alterazione anatomica congenita delle prime vertebre cervicali che determina una compressione del midollo spinale. Questo tipo di patologia non è per il momento risolvibile e quindi il puledro non ha futuro.

 La seconda condizione è invece una forma acquisita, legata ad un'alterazione della disposizione della 3°o 4° vertebra cervicale ed è da riferire o ad una causa traumatica acuta o ad una condizione traumatica cronica. Un trauma acuto, per esempio una brutta caduta, spostando le vertebre cervicali determina una lussazione di una o più vertebre che comprimendo il canale neurale genera l’alterazione della deambulazione. La condizione traumatica cronica è invece dovuta ad una costante scorretta malposizione del collo del cavallo che determina gli stessi effetti della situazione precedente, ma per una sofferenza del midollo causata dalla continua compressione per la posizione anomala.

A questo punto ho fatto una serie di riflessioni che mi sembra interessante esporre.

Chi ha letto i libri dei maestri dal Cinquecento avrà notato che le andature del cavallo descritte sono in numero maggiore di quelle che attualmente prendiamo in considerazione: differenti tipi di passo, varie modalità di trotto e diverse varietà di galoppo. I più vecchi fra i maestri si sono limitati solo a descriverle, mentre altri, tra cui de La Guérinière, le hanno classificate distinguendo tra andature naturali, ovvero quelle che il cavallo presenta in natura, ed andature difettose"da condannare", come il trapasso, il traino e l’ambio, perché causa di una riduzione della vita d’uso del cavallo che le mostrava. A quei tempi il pensiero dominante era che tutti gli animali fossero esseri “senz’anima” al servizio dell’uomo, per cui questa condanna era prodotta solo da un mero calcolo utilitaristico: il cavallo costava molto, sia nell’acquisto, sia per l’addestramento e quindi doveva rendere adeguatamente nel tempo. Un cavallo con andatura difettosa altera la propria mobilità e stabilità e presenta una riduzione della vita d’uso, costringendo il proprietario a sostituirlo anzi tempo. Ciò che in particolare mi interessa puntualizzare è che l’insorgere delle andature difettose veniva da tutti chiaramente attribuito ad un addestramento mal eseguito o alla scarsa abilità del cavaliere. Al contrario il cavallo che presentava andature corrette, regolari e particolarmente belle, giustamente non era considerato solo il semplice frutto di una selezione allevatoriale, ma soprattutto il risultato delle capacità di un cavaliere abile che aveva saputo conservare le andature naturali riuscendo a renderle più eleganti, più energiche, più solide.

 Per molti anni della mia vita mi sono dedicato al recupero di cavalli che potrei tutti classificare come affetti da questa sindrome. Le gravi alterazioni motorie da cui erano colpiti li avevano resi inutilizzabili e destinati alla macellazione. Nei libri che avevo letto però, i vecchi maestri sostenevano che quasi tutti cavalli che presentavano alterazioni motorie potevano essere recuperati con un lavoro effettuato correttamente e ciò mi aveva convinto a sottrarli al loro imminente destino Un chiropratico mi aiutò nel loro recupero continuando ad affermare che lui poteva solo fare un intervento palliativo e momentaneo e che stava poi a me trovare il modo corretto per rimettere in ordine le masse muscolari utili allo sviluppo di una mobilità corretta.

 Penso che gli scritti dei vecchi maestri ci diano la giusta chiave di lettura: l’incappucciamento e la cosiddetta “rottura alla terza o alla quarta” sono causa dell'ambio e di molte altre alterazioni motorie, le due cose sono cioè in stretta correlazione. Vorrei dire anche di più: le due condizioni, incappucciamento e alterazioni motorie, sono in relazione anche al di là e al di fuori di una vera compressione del canale neurale, perché come insegna tutta la nuova fisiatria da Mezier a Feldenkrais passando per l’antiginnastica e gli studi della dottoressa Bertelè, la corretta mobilità è il frutto dello sviluppo armonico dell’intero sistema muscolare così come i difetti motori e i dolori conseguenti sono invece il prodotto di alterazioni della medesima armonia. La posizione del collo e della testa nell’uomo come nel cavallo ha un’importanza assoluta nel mantenimento di questa armonia e proprio per questo motivo, evidentemente rilevato empiricamente, la posizione della testa è stata oggetto di molte riflessioni nella storia dell’equitazione e gli atteggiamenti sopra ricordati sono stati condannati da tutti i vecchi Maestri.

Un uso eccessivo degli aiuti di mano, soprattutto nell’utilizzo improprio del morso e filetto o delle redini di ritorno, portano a modificare quasi sempre in modo continuativo la posizione naturale del collo (incappucciamento) e di conseguenza la posizione delle vertebre cervicali (“rottura alla terza o alla quarta”).Foto  

Questa scorretta posizione del collo determina nel cavallo numerose conseguenze e di esse soprattutto due ci interessano specificatamente: la prima, nei casi più gravi, è la già ricordata compressione del midollo, con i suoi nefasti effetti neurologici, la seconda, non meno grave, consiste in un'eccessiva antiversione del bacino del cavallo a cui si accompagna per necessità una modificazione nella mobilità dell’articolazione coxo-femorale che col tempo produce anch’essa una irregolarità motoria, spesso considerata come zoppia. Consideriamo ora cosa spinge i cavalieri ad incappucciare i cavalli. Per prima cosa i neofiti spesso sono sollecitati all’uso delle redini di ritorno per fretta o per ignoranza di soluzioni tecniche appropriate da parte dell’istruttore. Questi strumenti che dovrebbero essere correttivi ed usati esclusivamente da mani molto esperte, diventano la sicurezza del neocavaliere che li utilizza sempre in modo improprio costringendo il cavallo ad incappucciarsi ed ottenendo da ciò una falsa sensazione di sicurezza: Da questo vicolo cieco il cavaliere  non uscirà che con grandi difficoltà e sacrifici. La seconda cosa è l’ignoranza delle più elementari regole dell’equitazione, non dico dell’equitare con capacità, ma semplicemente dello stare sopra un cavallo senza procurare danni a sé ed al cavallo. La terza e più recente è la totale ignoranza della tradizione di scuola tale per cui si tenta di spacciare come moderna una tecnica descritta nel capitolo del ramener esagerato o iperflessione, da Faverot De Kerbrech su appunti delle lezioni di François Baucher nel suo libro Addestramento metodico del cavallo da sella”. Cosa ha di particolare questa tecnica che può sollecitare gli agonisti: la costrizione continua in un incappucciamento eccessivo, alterando la normale deambulazione, sviluppa nel cavallo masse muscolari anomale, che una volta riportata la testa nella posizione normale, permettono trotti di grande spettacolarità. Purtroppo nella maggior parte dei soggetti, questa tortura, perché non si può nominare in altro modo questa “tecnica”, produce in poco tempo la Sindrome di Wobbler acquisita. Solo pochi cavalli resistono a questo trattamento per tempi prolungati, per questo già nell’ottocento, ovvero in tempi non sospetti, venne condannata da tutti i cavalieri, anche dai cavalieri circensi. Bisogna ricordare che spesso questi cavalli non subiscono soltanto un’alterazione deambulatoria, ma col tempo sono soggetti a continui tremori e a continue contrazioni tonico-cloniche dei gruppi muscolari interessati, che li affliggono in ogni momento di riposo. Ho visto un solo cavallo in queste condizioni e spero di non doverne vedere mai più, tanta era la sofferenza di quel povero animale. Non ci può essere nessun motivo, sportivo, agonistico, spettacolare che possa giustificare un simile strazio solo l’ignoranza che in ogni caso non è giustificabile.  Sono assolutamente d’accordo col veterinario della FEI dott.Gerd Heuschmann che descrive ampiamente tutti i danni di questa nuova moda nel suo libro ” Finger in der Wunger“ (Il dito nella piaga), questa tecnica deve essere messa al bando.


  SIAEC - Società Italiana di Arte Equestre Classica