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Equitazione Sentimentale

 

FEDERIGO MAZZUCHELLI
Circa 1757 - circa 1830
 
 

  Il conte Federigo Mazzuchelli nacque a Brescia nel 1757, da una famiglia di notabili di questa città che dipendeva allora dalla Repubblica di Venezia. Egli apparteneva a quella cerchia di nobili bresciani cosmopoliti ed illuministi, amanti del bello ed aperti alle idee liberali che, intorno agli ultimi anni del XVIII secolo, con attività cospirativa ed impudenti sfide, movimentarono la vita di questa estrema provincia della Serenissima, ponte tra Milano e Venezia; l’insofferenza verso quest’ultima e l’inerzia che essa rappresentava, lo spinsero a cercare stimoli e fermenti culturali più impegnativi e moderni, fra i quali la frequentazione di Pietro Verri e Cesare Beccaria in Milano, e ad intraprendere lunghi viaggi attraverso l’Europa, prima in Francia e in Inghilterra, poi in Polonia ed in Russia. Nella Repubblica Bresciana prima (1797) e nella Cisalpina poi, ricoprì cariche politiche importanti, ma presto, deluso dagli esiti dell’esperienza giacobina, nel 1801 Federigo Mazzuchelli si ritirò a vita privata. E’ in questo periodo che iniziò a dedicarsi all’equitazione, attività nella quale era espertissimo, ed alla sua teorizzazione che si concretizzò nel suo manoscritto “Elementi di cavallerizza” (1802), opera singolare per completezza e rigore scientifico, frutto di una non comune sensibilità ed originale cultura. A questa prima edizione, ne seguì, nel 1805, una seconda: “Scuola Equestre”, che alla ristampa di "Elementi di cavallerizza" aggiungeva il capitolo “Lezioni equestri e ginnasio”. Nell’antiporta di entrambe le edizioni vi è il ritratto dell’autore che porta in testa una feluca nera ed è vestito con un dolman chiaro a due file di bottoni, chiuso fino al mento, pantaloni bianchi attillati, stivali da ecuyer, speroni a rotella rivolti verso il basso. Vicino a lui il suo cavallo “Stornello”, al quale dedica l’opera, sellato alla francese, con morso a barre (non briglia completa), capezzone, martingala. Mazzuchelli, appoggiato ad un bassorilievo antico, tiene in mano il suo manoscritto del 1802.

  L’opera del Mazzuchelli, di facile lettura e molto ben congegnata, offre un interesse tutto particolare quando si viene a sapere che il maestro fu a lungo osservato da un modesto adolescente francese che aveva nome Francois Baucher, portato a Milano come attendente dallo zio, direttore delle scuderie del principe Borghese, sposo di Paolina Bonaparte.
Non si sa se Mazzuchelli acconsentì a spiegare qualcosa al giovane uomo, ma fu sufficiente a Baucher guardare e ascoltare. C’è, nell’opera di Mazzuchelli, una frase di capitale importanza di cui si ritiene trovare la traduzione, parola per parola, nelle opere di Baucher: “Una sola deve essere la volontà e no è da dubitarsi, qual delle due debba essere, perciò è della più grande importanza di distruggere ogni volontà nel cavallo e di convertirla in quella di fare l’altrui.”

E’ difficile vedere qui una semplice coincidenza. Baucher è stato verosimilmente impressionato dall'obbiettivo finale del modello che aveva sotto gli occhi e allora aveva un’età in cui le impressioni si fissano: sostituire alla volontà del cavallo la volontà del cavaliere e, secondo la formula di Baucher stesso: “Distruggere le forze istintive e sostituirle con forze trasmesse.”
   Mazzuchelli ha apportato all’addestramento dei cavalli degli orientamenti del tutto nuovi, di cui Baucher si appropriò e in virtù dei quali, trenta o quaranta anni più tardi, sconvolgerà gli spiriti ed i maneggi, che gli conferiranno un posto eminente nella storia equestre. Prova ne sia il cambio di galoppo la cui tecnica Mazzuchelli descrive minuziosamente e che Baucher afferma di avere inventato.

La sua opera sviluppa un metodo accuratamente pianificato che questo italiano del nord ha in parte, probabilmente, appreso dagli Austriaci, ma con vivace sensibilità personale come si coglie nella dedica al suo cavallo: “A te, che indefesso meco ti occupi in questo genere di ginnastica: a te, che tanto hai contribuito alla mia istruzione: a te, che senza macchiarmi di adulazione, posso chiamare valoroso ed esperto cavallo, consacro questo mio lavoro…” Questo geniale precursore insiste molto sulla mano dolce ”dono singolare della natura” e bandisce la violenza, ”che distrugge le qualità invece di migliorarle” e ripropone a modo suo ciò che Newcastle affermava quando scriveva che “l’arte perfeziona l’opera della natura”.
Egli conosce e giustifica il trotto sollevato, “il modo di cavalcare all’inglese”, di cui condivide l’utilità. E di nuovo abbiamo a che fare con un precursore .

  Più tradizionali sono i capitoli di Mazzuchelli quando affronta l’equitazione “conveniente alle dame”, vedi il suo: “ leggitrici gentili, che l’arte possedete del piacere, che accrescete e diminuite le nostre pene…….”. Dopo avere descritto i finimenti e la sella d’amazzone, più larga a causa de “l’abbondanza dei loro muscoli posteriori”, dà loro i migliori consigli sul modo di inforcarsi, di tenersi, ed il modo di comportarsi a seconda di come il cavallo si piega.

Dobbiamo credere che gli “avvertimenti” alle amazzoni abbiano riscosso un grande successo, in quanto questa parte del lavoro di Mazzuchelli fu tradotta in francese da un ufficiale dell’armata d’Italia e pubblicata in Francia sotto la restaurazione.
Le illustrazioni molto piacevoli sono la testimonianza dell’alto livello tecnico della tipografia milanese di inizio secolo a cui l’opera fu affidata.

Da una ricerca svolta da G.Belli e A. Paganini


  SIAEC - Società Italiana di Arte Equestre Classica